Pensioni, dal 2027 scatta l’aumento a 67 anni e 3 mesi per l’uscita dal lavoro. Il Governo cerca fondi per bloccare l’adeguamento legato alla speranza di vita
- Debora De Patto
- 21 ago
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di De Patto Debora

Dal 2027 l’età pensionabile subirà un primo rialzo: per la pensione di vecchiaia sarà necessario aver compiuto 67 anni e 3 mesi, mentre per accedere alla pensione con il requisito contributivo occorreranno 43 anni e 1 mese di versamenti (42 anni e 10 mesi per le donne). Questo adeguamento nasce dall’automatismo legato all’incremento della speranza di vita, rilevato da ISTAT e certificato dalla Ragioneria dello Stato.
Il Governo sta valutando la possibilità di bloccare l’aumento attraverso un provvedimento ad hoc, in modo da tutelare chi è ormai prossimo al pensionamento e non penalizzare ulteriormente i lavoratori impegnati in settori già gravosi. Tuttavia, la cosiddetta “sterilizzazione” avrebbe un costo molto elevato, stimato in miliardi di euro, con conseguenze dirette sulla sostenibilità del sistema previdenziale e sui conti pubblici.
Le proiezioni demografiche delineano un quadro ancora più complesso: senza correttivi, l’età di uscita dal lavoro continuerebbe ad alzarsi, raggiungendo 67 anni e 9 mesi entro il 2035, toccando i 68 anni nel 2040, e proseguendo verso la soglia dei 70 anni nella seconda metà del secolo.
Una prospettiva che rischia di incidere in maniera pesante soprattutto sui comparti usuranti, dove ritardare l’uscita può tradursi in un forte aggravio psicofisico, maggiore esposizione al burnout e difficoltà nella gestione delle classi.




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