L’Italiano in crisi tra i banchi: al sud la metà degli studenti non comprende un testo scritto
- Debora De Patto
- 11 lug
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De Patto Debora, 11/07/2025

I risultati delle prove Invalsi 2025 riportano all’attenzione pubblica una delle criticità più radicate del sistema scolastico italiano: il deficit nelle competenze linguistiche. In questo scenario, gli studenti stranieri rappresentano una delle categorie più esposte alle difficoltà linguistiche, ma non sono gli unici. Accanto a loro, molti ragazzi italiani, soprattutto del Mezzogiorno, vivono situazioni scolastiche complesse. Secondo i dati, oltre il 50% degli studenti delle scuole superiori del Sud Italia non raggiunge un livello sufficiente nella comprensione del testo scritto. Una difficoltà profonda, che non solo compromette il rendimento scolastico, ma incide anche sulla capacità di orientarsi nel mondo adulto, di interpretare le informazioni, difendersi dalle manipolazioni e costruire un pensiero autonomo e critico.
Alla base di queste carenze vi è un mix complesso di fattori: povertà educativa, fragilità sociali, discontinuità didattica e, non da ultimo, l’influenza di modelli comunicativi sempre più sintetici e frammentari. Il predominio dei messaggi brevi, delle abbreviazioni e dei linguaggi digitali tende a indebolire l’esercizio della scrittura strutturata e la padronanza della lingua italiana. Grammatica, punteggiatura, sintassi e uso corretto dei connettivi logici diventano spesso ostacoli insormontabili.
In questo contesto, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha predisposto un piano d’intervento mirato. A partire da settembre 2025, saranno attivati corsi di potenziamento della lingua italiana per studenti stranieri, da svolgersi in orario extracurricolare. Il progetto coinvolgerà mille docenti specializzati nell’insegnamento dell’italiano L2, formati appositamente nel corso dell’anno. Il ministro Giuseppe Valditara ha annunciato un investimento complessivo di 13 milioni di euro per finanziare l’iniziativa, che si inserisce in una strategia più ampia di integrazione, inclusione e recupero delle competenze di base.
Il problema, tuttavia, non riguarda solo gli alunni di origine straniera. È in crescita il fenomeno della dispersione scolastica implicita: studenti che, pur arrivando al diploma, non possiedono le competenze minime attese. Una condizione silenziosa ma drammatica, che svuota di significato il percorso scolastico e limita concretamente le possibilità di inserimento lavorativo e cittadinanza attiva.
A fronte di ciò, si registra però anche un dato incoraggiante: la dispersione scolastica esplicita – cioè l’abbandono del percorso di studi prima del completamento – è in netto calo. Con un tasso sceso all’8,3%, l’Italia ha già superato l’obiettivo del 9% fissato dall’Unione Europea per il 2030. Un risultato attribuito anche al successo del programma Agenda Sud, che prevede interventi mirati nelle aree più fragili del Paese.
In regioni come Puglia, Basilicata e Calabria, dove sono state attivate misure di supporto alle scuole e iniziative di mentoring, si registrano segnali di contenimento della dispersione implicita. Tuttavia, i ricercatori invitano alla prudenza: senza un rafforzamento strutturale del sistema educativo fin dai primi cicli scolastici, in particolare nella scuola dell’infanzia e nella primaria, il rischio è che questi miglioramenti restino episodici.
Il presidente di Invalsi, Roberto Ricci, ha sottolineato che «la sfida dei prossimi anni sarà quella di trasformare l’ampliamento dell’accesso all’istruzione in un reale miglioramento degli apprendimenti, promuovendo equità, qualità e inclusione come pilastri fondamentali di un sistema scolastico moderno ed efficace».
La scarsa padronanza della lingua italiana non è solo una barriera didattica, ma una distanza sociale e culturale da colmare.




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