top of page

“BASTA GENITORI-AMICI, SERVONO REGOLE E AUTOREVOLEZZA”: LE PAROLE DI VALDITARA SCUOTONO LE FAMIGLIE. “DIRE NO AI FIGLI È UN ATTO EDUCATIVO, NON UNA PUNIZIONE”.

  • Immagine del redattore: Debora De Patto
    Debora De Patto
  • 30 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

di De Patto Debora

ree

Nel pieno del dibattito sull’autorità genitoriale e sul futuro dell’istruzione italiana, il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, lancia un messaggio destinato a far discutere: “Dire no ai figli è un atto educativo, non una punizione”. Parole forti, pronunciate durante la presentazione del suo libro La rivoluzione del buon senso, alla Versiliana di Marina di Pietrasanta, che mettono in discussione anni di pedagogia "permissiva".


Al centro della sua riflessione, una convinzione netta: per rimettere in piedi la scuola e rafforzare il tessuto sociale serve ripartire da regole chiare, ruoli distinti e dal valore del merito. Una visione che rompe con mezzo secolo di cultura educativa orientata all’egualitarismo a tutti i costi, spesso nemico dell’eccellenza e della responsabilità.



“Dire no educa”: il Ministro contro il mito del genitore-amico


Valditara non usa giri di parole: “I genitori non devono essere amici dei figli. Devono essere guida, riferimento, talvolta anche limite”. E su questo punto insiste, criticando duramente l’idea, oggi diffusa, secondo cui vietare, sanzionare o porre limiti equivalga a discriminare. Al contrario, secondo il Ministro, i no sono parte integrante del processo educativo: aiutano i ragazzi a confrontarsi con la frustrazione, a riconoscere i confini e ad assumersi le prime responsabilità.

“Certe teorie pedagogiche mi fanno venire l’orticaria”, ha ammesso, riferendosi a chi ritiene dannoso porre limiti ai giovani. Per Valditara, invece, la vera crescita avviene nel confronto con l’autorevolezza e con il senso del limite. Non repressione, ma formazione del carattere.



Una scuola che valorizza le differenze, non che le appiattisce


Nel suo intervento, Valditara ha anche criticato l’egualitarismo scolastico inteso come appiattimento dei risultati: “Non si può pensare che tutti debbano arrivare allo stesso traguardo con le stesse modalità e nello stesso tempo. Valorizzare le persone significa riconoscerne le differenze e dare a ciascuno gli strumenti per far emergere i propri talenti”.

Il messaggio è chiaro: l’uguaglianza di partenza è un diritto, ma pretendere l’uguaglianza dei risultati è una forzatura che rischia di demotivare i più capaci e di non aiutare davvero chi è in difficoltà.



“Merito non è élitismo”: i talenti si coltivano, non si selezionano


Uno dei punti chiave del pensiero di Valditara è il concetto di merito inclusivo. Lontano anni luce da una visione élitaria, il ministro propone un’idea di merito come scoperta e sviluppo delle potenzialità individuali, ispirandosi agli studi di Howard Gardner sulle intelligenze multiple. “Non esiste solo l’intelligenza logico-matematica. C’è quella artistica, quella motoria, quella sociale. Ogni studente può eccellere, se gli viene data l’occasione di farlo”.

In questo senso, la scuola dovrebbe diventare una “palestra di talenti”, capace di accompagnare ciascuno lungo un percorso personalizzato ma esigente, fondato sull’impegno e sulla responsabilità.



Una denuncia che scuote: “Cinquant’anni di cultura anti-meritocratica hanno fatto danni”


Il giudizio storico del Ministro è severo: negli ultimi decenni la scuola italiana ha sofferto le conseguenze di scelte culturali che hanno minato la cultura dell’impegno. Dal “6 politico” al “tutti promossi”, passando per un relativismo che ha indebolito il principio di responsabilità individuale, Valditara denuncia una deriva che ha indebolito sia la scuola che il patto educativo tra famiglia e istituzione.

Non si tratta, precisa, di tornare a modelli autoritari o punitivi, ma di ripristinare un sano equilibrio tra diritti e doveri, che consenta alla scuola di educare e non solo di istruire.



Una provocazione o un ritorno al buon senso?

Le parole del Ministro accendono un confronto acceso tra chi le considera una svolta necessaria per ridare dignità al sistema educativo e chi teme una regressione verso modelli obsoleti. In ogni caso, la sua proposta non lascia indifferenti: invita genitori, insegnanti e studenti a interrogarsi sul senso dell’educazione oggi, sul valore del rispetto, sull’importanza della fatica e sulla riscoperta del merito come motore di crescita personale e collettiva.

 
 
 

Commenti


bottom of page